sabato 11 febbraio 2012

Conversazioni sull'educazione. Intervista a Riccardo Mazzeo

Zygmunt Bauman è uno dei più importanti e famosi sociologi viventi. Riccardo Mazzeo è un intellettuale che ha tradotto autori filosofici dal francese e dall’inglese (tra cui lo stesso Bauman). Dallo sforzo comune di due grandi menti nasce un grande libro: Conversazioni sull’educazione (Erickson, 2012). A proposito del quale abbiamo avuto il privilegio di intervistare Mazzeo, a pochi giorni dall’uscita dell’opera.

Vorrei cominciare dall’amicizia con Zygmunt Bauman: il professore cena con la famiglia di Riccardo Mazzeo, che è stato spesso suo ospite a Leeds, vi date del “tu” nel libro... come è nata questa amicizia, visibile fin dalla toccante foto in quarta di copertina?
Zygmunt Bauman è non solo il pensatore più importante che abbia mai letto ma è anche, a parte i miei due figli e mia moglie, la persona che amo e ammiro di più nella vita. Non ho alcun titolo per essere suo amico, considero questo rapporto un dono meraviglioso ricevuto dalla vita. Tutto nacque sei anni fa, quando venne a Trento per il Festival dell’Economia. Io avevo pubblicato con la Erickson un bel libro su di lui di Keith Tester, Il pensiero di Zygmunt Bauman, e visto che nessuno me lo presentava alla fine della sua lectio magistralis salii sul palco e gliene diedi una copia. Lui mi offrì mail e telefono e da allora non abbiamo più smesso di scriverci e di vederci. Peraltro un paio d’anni più tardi mi mandò il testo di quattro conferenze che aveva tenuto e che, rimaneggiate e amalgamate, divennero un libro, Homo consumens, che la Erickson pubblicò vendendone quindicimila copie.
Bauman, a proposito di questo libro, ha detto che il vero autore è Riccardo Mazzeo e che lui ha semplicemente collaborato alla stesura. Quale lavoro comune si cela dietro quest’opera?
La generosità di Bauman è leggendaria. Va precisato comunque che il mio ruolo, nel libro, è stato unicamente quello di stimolare il suo pensiero a lumeggiare territori della conoscenza e del mondo in cui viviamo che erano restati estranei alla sua opera, a esprimere la sua opinione su autori per me importanti come Saramago, Bateson, Zizek, Morin, Bandura, ma anche italiani come Michela Marzano, Tullio De Mauro, Dario Ianes, Marco Belpoliti.
Un libro incentrato sull’educazione. Un editore concentrato da sempre sull’educazione. Un sociologo (Bauman) per il quale l’insegnamento è cosa talmente delicata da affermare: “Chi vuol essere tranquillo, stia lontano dall’educazione!”. Com’è la questione educativa oggi?
Stiamo vivendo un interregno come quello che caratterizzò l’avvento di Numa, il secondo re di Roma, dopo i 38 anni del regno di Romolo. Qualcosa si è irrimediabilmente concluso ma non si sa ancora come si configurerà il nuovo assetto, quale sarà il paradigma, ancora tutto da inventare, che caratterizzerà il futuro prossimo. È certo che le vecchie categorie di apprendimento/insegnamento, come quella della mera assimilazione passiva della spiegazione in classe caldeggiata da Paola Mastrocola nel suo bestseller Togliamo il disturbo, sono più adatte a disabilitare che ad abilitare i ragazzi alla vita che li aspetta. Ci vuole ben altro, compresa la capacità di dimenticare velocemente le nozioni inutili, e il ruolo dell’insegnante è quello di favorire l’arte di discernere le informazioni salienti dal mare di quelle inutili, mera zavorra e rumore di fondo, e di favorire negli studenti sia modalità più efficaci di generalizzare gli apprendimenti a contesti molto diversi da quelli noti, sia una fulmineità che consenta loro di riuscire a navigare su frammenti, come avviene sempre più spesso in un mondo via via più molteplice e sfaccettato.
Di cosa Le sarebbe piaciuto parlare ancora con Bauman nel libro, se avesse avuto maggiore spazio a disposizione?
Spero senz’altro di poter parlare con lui di altri argomenti in un nuovo libro, prendendo magari le mosse da alcuni autori letterari che amiamo entrambi, come Robert Musil che si trovò a scrivere L’uomo senza qualità in un momento molto simile al nostro, quando l’impero austro-ungarico sembrava la più solida delle certezze e implose invece dall’oggi al domani, come il Thomas Mann dei Buddenbrook o come Marcel Proust che nel penultimo libro della Recherche, La fugitive, descrisse i differenti “io” del Narratore, così come emergevano nell’esperienza del lutto, e le intermittenze del cuore che, pur essendo sempre esistite nella natura umana come cifra della sua ambivalenza, si acuiscono oggi nei giovani continuamente ondeggianti fra ristagno e vortice.
A chi si rivolge questo libro? Come si potrebbe sintetizzarne il messaggio?
Parto dalla fine: il messaggio è molteplice e, nonostante la cupezza dello sfondo, è intriso di speranza. I potenziali lettori sono invece tutti coloro che, grazie all’acutezza e alla profondità di visione di Zygmunt Bauman, desiderano riuscire a decodificare meglio il mondo in cui viviamo.

(«AgoraVox», 11 febbraio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano