lunedì 15 giugno 2009

Sinistra e destra

Non dobbiamo sempre per forza dire che la sinistra è migliore della destra, ogni volta con un partito da prendere. A volte basta tener ferma la distinzione: ecco, qualcuno fece una volta osservare che Pippo Franco votava per la destra mentre Ascanio Celestini per la sinistra. Non diciamo che Celestini è migliore di Franco: smettiamola, non siamo sempre allo stadio. Però, non sono tutti uguali: questo, diciamolo.
Anche le immigrate non sono tutte uguali. C’è quella donna polacca che ha fatto un volo di tre metri dal balcone di casa in seguito al cedimento di una grondaia: è successo a Curti il 25 aprile scorso; lei ha chiesto aiuto ed è finita all’Ospedale di Caserta in prognosi riservata. C’è poi Giorgina Asante, ivoriana di cinquant’anni e “clandestina”, che qualche giorno prima ha avuto una crisi d’asma, su una panchina di Vicenza, e non ha chiamato aiuto per paura di venir denunciata da un medico. Non tutte le immigrate sono uguali: la prima è viva. La seconda, no.

Può un uomo essere “illegale”? “Esistere” in Italia oggi è diventata una colpa?

Di recente, come noto, il governo ha modificato la norma in maniera da indurre i medici a denunciare l’immigrato clandestino che si presenti in ospedale per richiedere assistenza medica. Contro di essa si è manifestato un dissenso compatto di tutto il settore medico nazionale; a Caserta si sono pronunciati, tra gli altri, Enrico Tresca, segretario provinciale della CGIL Medici e Antonio Manzi, Presidente dell’Ordine dei medici di Caserta (“per riaffermare la nostra ferma volontà a rispettare il codice deontologico e per chiedere lo stralcio di una norma inutile e incivile”). Perché la norma, al di là dello spirito abietto che la anima (lo stesso che può definire “illegale” un immigrato clandestino; ma può un uomo essere “illegale”?), miete vittime soprattutto fra le fasce più deboli del fenomeno, i bambini e le donne incinte, che si trovano a dover scegliere tra due rischi, entrambi fatali: quello di venir rimpatriati, da un lato, e dall’altro quello di contrarre infezioni potenzialmente mortali.
Quanto stimiamo grave – astenendoci per un salutare attimo dalle solite statistiche sul “fenomeno dell’immigrazione” e sulla “percezione della sicurezza” – che una legge venga a minare la solidarietà spontanea tra gli uomini, tra quei simili che sanno e sentono di appartenere all’unica famiglia umana? Quanto stimiamo grave la minaccia, da parte di un governo, di rendere colpevoli gli immigrati per il solo fatto di esistere, e al tempo stesso coloro (i medici) che li aiutano ad esistere in salute? Sembra di avvertire una sinistra eco (certo con le dovute differenze) di quei tempi in cui nascondere in casa un ebreo era un reato capitale. E allora, a quegli amici che mi hanno domandato: “mettiamoci d’accordo: la clandestinità è un reato, oppure no? E noi: vogliamo essere conniventi, o ligi alla legge?”, rispondo: a quali leggi preferiamo essere ligi? A quelle del ’38, o a quelle della solidarietà umana?
Anche i medici dell’ospedale San Rocco di Sessa Aurunca si sono dichiarati contrari alla denuncia dei clandestini: loro eserciteranno il loro mestiere indipendentemente da ogni altra considerazione. Di fronte alla vita e alla morte, siamo tutti uguali.

(«Il Caffè», 12 giugno 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano