martedì 6 ottobre 2009

La strage degli imbecilli

La madre degli imbecilli, si sa, è sempre incinta. Ce ne sono in ogni dove, e così tanti che mi viene spesso da pensare che con qualche centinaio di milioni di imbecilli in meno sulla faccia della terra staremmo tutti molto meglio. E via, non arricciate il naso, sarà capitato di sicuro anche a voi – di fronte, che so io, a un arrogante, un lezioso, un facinoroso, un protervo, un irascibile, un saccente, un ipocrita, un gretto, un bugiardo, un logorroico – insomma, di certo anche voi avrete pensato, qualche volta, “questo qui quasi quasi lo faccio fuori”. Perché la verità è che ce ne sono talmente tanti che a ognuno di noi ne tocca in sorte almeno uno: quello che ferma l’auto davanti agli scivoli per i ciclisti e i disabili, o che non sa astenersi dal fare la solita logora e lurida battuta a sfondo sessuale, quello che si infila a metà coda con studiata disinvoltura o quello che nel traffico insegue le ambulanze.

La verità è che gli imbecilli ci rovinano la vita.
C. ADERHOLD, La strage degli imbecilli, ed. Fazi

Il mio imbecille preferito, per esempio, è il parcheggiatore abusivo: quella figura mitologica, a cavallo tra l’animale e l’umano, che da qualche tempo popola anche la nostra città. Che dice “a piacere”, ma non accetta meno di un euro; che sostiene di non chiedere l’elemosina, ma di star lavorando (il suo lavoro consisterebbe nel “guardare le auto”; perché sono belle a vedersi, mi chiedo, o perché, in caso di furto, lui risarcisce i proprietari?); che certo non obbliga nessuno a pagare, “ma poi” – suggerisce – “se qualcuno buca le gomme...”; che si avvicina dicendo “buonasera” e, proprio mentre lo dice, la serata ve l’ha già rovinata. Quante volte ho sognato un mondo senza parcheggiatori abusivi! Non le conto più.
Be’, a volte i sogni si avverano, anche se soltanto nelle pagine di un libro. La magia l’ha compiuta Carl Aderhold, nel suo romanzo La strage degli imbecilli (ed. Fazi), nel quale il protagonista – preso dalla forte calura, dall’insoddisfazione ma soprattutto dall’eccesso di imbecillità che lo circonda – perde la pazienza e... sì, avete capito, li fa fuori uno per uno. Centoquaranta, per l’esattezza (senza contare gatti e cani): dalla portinaia impicciona al vicino so-tutto-io, dall’impiegato pubblico incompetente al dirigente che molesta le impiegate, nessuno sfugge alla sua forbice impietosa.
L’ho letto d’un fiato e quasi vorrei dire che ho amato Aderhold quando scrive: «contrariamente a un’idea molto diffusa, gli imbecilli non sono recuperabili. Una sola cosa può indurli non dico a cambiare, ma almeno a restarsene tranquilli: la paura. Io voglio che sappiano che li sorveglio» (p. 291).
Adesso il romanzo è finito. Ma il sogno, in qualche modo, continua. Apprendo dai giornali che a fine giugno, a Napoli, sono stati fermati e denunciati 67 parcheggiatori abusivi; contemporaneamente, altri 7 sono stati denunciati a Salerno. Forse conservo ancora qualche speranza di andare a fare degli esami clinici al Centro Morrone o di andare a mangiare una pizza da Leone senza trovarmi a ripetere involontariamente a me stesso: “questa è la volta buona che faccio una strage”.

(«Il Caffè», 2 ottobre 2009)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano