sabato 13 febbraio 2010

Fogli di via

Ho letto in Fogli di via di Gianpaolo Trevisi (ed. EMI, 2009) le seguenti parole, a proposito dei venditori ambulanti immigrati che “deturpano il centro delle città con i loro falsi” e della polizia incaricata di contrastare il fenomeno:
è vero, certo, non si può autorizzare o far finta di autorizzare ciò che è illegale, come del resto non si potrebbe tollerare una specie del mercatino del falso in un altro angolo della città e forse neanche i vucumprà sarebbero contenti di esser confinati in un parcheggio deserto, frequentato solo dalle loro ombre. Del resto, però, è vero anche che se fossi nato più o meno sfortunato e ora mi ritrovassi, più scuro in viso, a vendere odiosissimi oggetti spudoratamente falsi di Prada, Gucci e simili, e una prima volta, poi una seconda e anche una terza... mi avessero portato via il mio mezzo sorriso, i miei miseri guadagni e le mie cose poco vere, probabilmente, nel giro di breve tempo, proverei a vivere rubando e vendendo droga vera o quasi vera nell’elegante centro cittadino.

«Il processo mentale e l’espediente letterario che caratterizzano questo libro, si possono dire con parole diverse, tutte belle. Empatia. Simpatia. Sintonia. Compassione. Identificazione. Immedesimazione».
G. Trevisi, Fogli di via, ed. EMI, 2009 (dalla Prefazione di Gad Lerner)

Si può pensarla come si vuole. Credere che non sempre le circostanze abbiano un peso così determinante nella vita delle persone; che cattivi si nasca e così via. Ma si dovrà ammettere che queste parole, pronunciate dal vice questore di Verona, risultano non meno che audaci. Perché non capita tutti i giorni di sentire un alto funzionario di polizia “prendere le parti” dei più deboli, entrando nelle loro ragioni, le loro esigenze e i loro clinamen imposti dalla necessità, quasi trovando una sorta di giustificazione – se non dell’atto illecito in quanto tale – almeno dell’intenzione originaria. Trevisi riesce a entrare nei panni dei diseredati ai quali ha dovuto “dare la caccia” personalmente per anni, tramite l’espediente della finzione narrativa: il suo è un libro di racconti che hanno per protagonisti immigrati di diverso colore e provenienza, tutti alle prese con le difficoltà della vita in Italia e della legge italiana. Riesce veramente, per una volta, a farci domandare cosa faremmo noi al posto loro, invece di ripeterci lo stesso becero ritornello “come staremmo meglio se non ci fossero loro” (mi permetto qui di parafrasare indegnamente il più autorevole aforisma «meno immigrati = meno crimini» regalatoci tra i tanti dal presidente del consiglio). Ci fa riflettere: la stessa cosa (ad esempio, la pirateria informatica) ci appare ben diversa se vista dal calduccio di casa nostra (a scaricare musica illegalmente davanti a un computer) invece che dal freddo della strada (dove si vendono CD musicali illegali).
Ma quello di Trevisi non è solo un libro che cerca di “farci sentire come loro”: fa qualcosa di più, ci regala il sapore di come sarebbe “se anche loro si sentissero come noi”. E in uno dei racconti, suprema nemesi, un gruppo di prostitute rumene da rimpatriare in aereo viene imbarcato per errore su un volo diretto alle Maldive (mentre, viceversa, un gruppo di turisti milanesi si ritrova a Bucarest). La scena è comica e fa sorridere, ma nemmeno è tutto qui: perché quello che salta all’occhio è che il lettore è contento – certamente non per la sorte degli incolpevoli milanesi – bensì perché guarda quell’immagine e vede che tutto funziona alla perfezione, che è giusto che le cose vadano così, perché tutti abbiamo bisogno delle stesse cose ed anzi ne ha più diritto proprio chi ne ha più bisogno (proprio come noi prendiamo delle ferie quando siamo più stanchi).
Se capiremo questo, saremo già a metà dell’opera. E ci sarà più facile dare da bere agli assetati anziché dar loro... dei fogli di via.

(«Il Caffè», 12 febbraio 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano