lunedì 15 febbraio 2010

L. Tussi, Il disagio insegnante, ed. Aracne, 2009

Uno spaccato della propria esperienza didattica, ma anche un’analisi critica della figura dell’insegnante e una “demitizzazione” della Weltanschauung della formazione e della scuola oggi dominante: ecco i temi del libro Il disagio insegnante nella scuola italiana contemporanea di Laura Tussi (ed. Aracne, 2009).
Miti (intesi “nel senso etimologico di idee cieche e incrollabili”) come quello della crescita, del cambiamento in quanto tale e della tecnologia come fonte di potenziamento e innovazione, sostenuti da una visione del mondo (e a propria volta generatori della stessa), e della scuola in particolare, meccanicistica e produttivistica, orientata a null’altro che a “sfornare” giovani dotati di un titolo di studio.
Visione cui l’autrice risolutamente si oppone, in direzione di una scuola intesa come paideia, come formazione complessiva della persona e non come mera in-formazione individuale. Che si collega al suo modo di intendere il ruolo dell’insegnante in quanto mentore, cui si addice l’immagine del giardiniere – che ha cura delle sue piante e ne segue lo sviluppo, ad una ad una, in tutte le forme, ciascuna secondo ciò di cui ha più bisogno – piuttosto che quella dell’oratore – dal monologo erudito, in grado di elencare nozioni in sequenza (magari con l’ausilio delle tanto gettonate “apparecchiature multimediali”). Sull’insegnante grava insomma la responsabilità non solo di ciò che i discenti apprendono, ma in buona parte degli uomini e donne che essi saranno domani.
Il libro si apre con dei brevi cenni storici, dalla “Legge Casati” del 1859 (che introduce l’istruzione elementare quadriennale obbligatoria) ai giorni nostri. E si sofferma su questioni anche pratiche, come quella del rapporto con gli studenti (il cui disagio adolescenziale porta sovente ad oscillare tra l’idealizzazione del docente e il rifiuto senza mezzi termini dell’insegnamento) o con i genitori (anch’esso altalenante fra le scuse per le mancanze del figlio e le accuse rivolte all’intero sistema scolastico in generale e all’insegnante in particolare, pur di allontanare da sé ogni critica riguardo alla propria capacità di essere un “buon educatore”).
Lo sfondo dell’intera trattazione è l’atteggiamento marcatamente antipositivistico dell’autrice, per la quale 
la scuola non deve comunque ridursi esclusivamente ad uno strumento di misura, ma deve soprattutto accompagnare l’adolescente nella crescita, che si riflette nel rispecchiamento rispetto agli adulti, anche come insegnanti e docenti.
L’insegnante dev’essere sì un modello, ma ciò non va inteso come qualcosa di accessorio ancorché utile, bensì come il pilastro dell’intero sistema educativo. Tussi affronta anche le metodologie pedagogiche, la condizione del maestro (e della maestra) nella scuola italiana, la dialettica fra individualizzazione e socializzazione (talmente sottile da essere potenziale foriera di disturbi psichici).
Il volume si chiude con un’intervista all’intellettuale e uomo di teatro Moni Ovadia sul significato e sul valore della trasmissione del sapere.

(«il Recensore.com», 15 febbraio 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano