domenica 14 marzo 2010

Esistono templi della filosofia?

Sono uno studente di architettura e dopo la lettura dell'articolo “Il compito della filosofia nel pensiero di Raimon Panikkar” di Paolo Calabrò mi sono chiesto: esistono forse templi della filosofia, spazi incentrati su di essa, magari con una liturgia ben definita e strutturata? Ovvero, se non è così: c’è un motivo specifico per ciò?
(lettera al CIRPIT di Giuseppe B.)
La filosofia nasce in Grecia 2.500 anni fa dall’esigenza di andare oltre le spiegazioni mitiche tradizionali intorno alla natura delle cose, e raggiungere – tramite il dialogo e la speculazione personale – un sapere critico, oggettivo e universale: la verità.
D’un colpo, l’autorità e la tradizione diventano secondarie, mentre primario diventa l’esercizio autonomo della ragione da parte del soggetto. La filosofia si connota quindi da subito come un’attività in buona parte solitaria, come richiesto dall’esercizio del pensiero (anche se non esclusivamente solitaria: non solo infatti non mancano nella storia esempi di scuole, accademie e gruppi filosofici, ma una componente eminente del lavoro della filosofia è il dialogo con l’altro e il confronto con la realtà).
Da subito dunque la filosofia greca prende le distanze dalla religione in quanto portatrice di un sapere non abbastanza critico; caratterizzandosi come un’attività razionale, purificata da ogni emotività, e come un’opera la cui verità aspira all’universalità, e va pertanto purificata da ogni soggettività. La filosofia rifugge quindi da – e anzi contesta, spesso aspramente – ogni forma cultuale, emotiva, simbolica. Anche per questo, la filosofia non si nutre di azioni cadenzate e programmate, svolte in luoghi precisi e attrezzati all’uopo: essa predilige, per così dire, la casualità dell’agorà o del banchetto.
È pur vero che la pratica filosofica non è sempre e solo stata meramente speculativa: illuminanti in proposito gli scritti di Pierre Hadot, soprattutto Che cos’è la filosofia antica, Esercizi spirituali e filosofia antica e La filosofia come modo di vivere, tutti pubblicati da Einaudi. Anche Panikkar ha dedicato al tema della filosofia come stile di vita diversi scritti, soprattutto l’irrinunciabile Saggezza stile di vita (ed. Cultura della Pace, poi ristampato con qualche modifica da A. Mondadori con il titolo La dimora della saggezza). E anche dove la filosofia non ha conosciuto l’originario divorzio con la religione (come ad esempio nell’oriente indiano: Panikkar dedica alla cultura filosofica dell’India il libro L’esperienza filosofica dell’India, ed. Cittadella), dove cioè filosofia e religione sono sì distinte, ma non separate, la fondamentale prerogativa razionale della filosofia l’ha sempre resa aliena dalla costruzione di spazi rituali dedicati (templi).
Va ricordato infine che la filosofia non nasce solo dalla spinta a liberarsi dal pregiudizio mitico, ma anche dalla tensione alla critica radicale che sa farsi autocritica nell’individuare i limiti propri del suo strumento principe: la ragione. Quella occidentale è una filosofia cosciente dei limiti propri dell’uomo, la quale – anche quando ambisce a vedere le cose in maniera chiara e distinta – non per questo nega che esistano delle cose visibili in maniera non chiara né distinta, eppur reali. Su questo punto essenziale la filosofia converge con la religione piuttosto che divergerne: così come la religione ci ricorda che polvere siamo e polvere ritorneremo, la filosofia ci libera dalle nostre infantili smanie di grandezza e di onnipotenza, ricordandoci quali sono i nostri limiti (e allo stesso tempo gioiendo della potenza di cui godiamo all’interno di essi). Sul terreno della conoscenza come paideia filosofia e religione possono oggi dialogare fruttuosamente, nello stesso tempio: quello dell’uomo (1Cz 6,19). (p.c.)

("Bollettino semestrale del CIRPIT", n° 1, marzo 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano