sabato 10 aprile 2010

Protettore civile

Poco prima che venisse travolto dalla valanga giudiziaria, a base di massaggi al buio in complessi d'alto bordo e appalti affidati in amicizia (piuttosto che in economia), il sottosegretario alla protezione civile Guido Bertolaso - a proposito dell’ennesimo incidente d’alta montagna, nel quale hanno perso la vita non solo degli alpinisti ma anche alcuni soccorritori - ha dichiarato di essere stanco del reiterarsi di “morti inutili”. Di lì a poco, su proposta della Protezione civile, il Senato della Repubblica italiana era già all'opera su un emendamento alla legge sulle emergenze: la proposta era di mettere in galera quelli che si avventurano in luoghi sconsigliati dalle autorità.
E già. Si sarebbe potuto pensare di aumentare la prevenzione, la formazione o l'informazione; o anche, meno gentilmente, si sarebbe potuto stabilire per legge che i soccorsi non vadano inviati a quelli che sciano fuori pista e ci rimettono le penne. Invece si è parlato proprio di galera. Un po’ come dire agli automobilisti che se verranno pescati in autostrada nei giorni estivi col bollino nero, li si arresterà subito dopo il casello.

La libertà economica ha in spregio ogni altra forma di libertà. Questo ordine economico - che fa della libertà (d'impresa) il suo vessillo - è radicalmente antilibertario e repressivo

Perché un tale eccesso, senza proporzione e senza precedenti? Si sa che il dilemma di tutte le società è quello di trovare il giusto equilibrio tra libertà e sicurezza: perché è chiaro che - se davvero si vuol garantire la sicurezza - in qualche modo la libertà bisognerà limitarla. Ma il proposito censorio appare lontano da questo equilibrio; come dire, squilibrato.
A discolpa del legislatore dicasi qui che si tratta di un atteggiamento epocale, che va ben oltre la personale iniziativa sua e dello stesso Bertolaso; le nostre società diventano sempre meno liberali, perché l’ordine economico neoliberista dominante rifugge dalla fantasia, dalla diversità e dalla libertà, in quanto ha bisogno - per poter massimizzare i profitti - di controllare qualsiasi cosa, di standardizzare tutto, di mantenere rigidamente lo status quo.
La libertà economica ha in spregio ogni altra forma di libertà: perché ogni cosa libera, diversa, non standardizzata è per ciò stesso non razionale, non efficiente, antieconomica. Ecco perché questo ordine economico - che fa della libertà (d'impresa) il suo vessillo - è radicalmente antilibertario e tende fatalmente alla repressione e alla riduzione della libertà. La mania della perfezione (gemella di quella per la sicurezza) non può che vedere nella libertà, nella diversità, nella creatività - insomma, in ogni forma di novità - il suo acerrimo nemico. L'ordine economico attuale desidera un'unica grande rettilinea via commerciale: ogni altro sentiero va ricoperto d'asfalto; ogni montagna va spianata, rasa al suolo.
Poiché anche la politica oggi è sottomessa all'economia, lo "stile" appena descritto si ripercuote su ogni aspetto della nostra vita, rotolando senza freno e travolgendo tutto ciò che incontra. Proprio come una valanga.

(«Il Caffè», 9 aprile 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano