domenica 4 luglio 2010

Scorie nucleari? Un problema semplice come l’acqua

Le autorità tedesche hanno stabilito l’evacuazione di un centro di stoccaggio di rifiuti radioattivi depositati in una antica cava, a causa di una infiltrazione d’acqua.
 «Una montagna di fusti gialli su cui spicca il simbolo del nucleare. Uno strato di sale e di cemento al di sopra, e ancora sale a chiudere l’accesso alla grotta. Un volume di massa radioattiva equivalente a 60 appartamenti, depositato tra il 1967 e il 1978 nella cava di sale dismessa di Asse, al centro della Germania. 126.000 fusti di rifiuti radioattivi, alcuni ben allineati ed altri alla rinfusa, che sarebbero dovuti rimanere lì per l’eternità. Meno di 30 anni dopo, il sito di Asse ha assunto quasi la fisionomia di una catastrofe ecologica. Il sito, geologicamente instabile, soffre d’infiltrazioni d’acqua. Ed alcuni fusti si sono rovesciati. Di fronte alla gravità della situazione, l’ufficio federale BfS incaricato della gestione del sito ha optato lo scorso gennaio per l’evacuazione di Asse. Questa operazione inedita, altamente complessa sul piano tecnico, durerà 20 anni e potrà costare allo Stato tra i 2 e i 3 miliardi di euro. La scorsa settimana, il governo ha ventilato per la prima volta l’ipotesi di istituire una "tassa nucleare", da utilizzare soprattutto per finanziare questa operazione».
Inizia così l’articolo dal titolo "Allarme nucleare nel cuore della Germania" che lo svizzero «Le Temps» dedica il 29 giugno al problema delle scorie nucleari (qui tradotto integralmente). E che suscita in noi qualche interrogativo:
1. Ma non si era detto che i depositi attualmente esistenti nel mondo garantivano una sicurezza secolare (e non trentennale)?
2. Quando i filo-nuclearisti dicono che il nucleare è economicamente conveniente, mettono in conto anche la "tassa sul nucleare" (che nessun Paese del mondo può escludere in linea di principio, proprio perché nessuno può garantire a priori che non vi saranno infiltrazioni d’acqua)?
3. Infine: se questo nucleare è così sicuro, perché l’European Pressurized Reactor (EPR) di tecnologia francese - quello che sbarcherà in Italia - richiede zone poco sismiche, in prossimità di grandi bacini d’acqua senza però il pericolo di inondazioni e, preferibilmente, la lontananza da zone densamente popolate? Cosa si teme? E chi può garantire la sussistenza e la persistenza di tali condizioni? E se ci si sbagliasse?
Domande che si aggiungono alle tante altre già formulate. Chi ha qualcosa da dire in proposito, sia il benvenuto. E chi ha orecchi per intendere, beh, intenda.

(«AgoraVox», 1 luglio 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano