mercoledì 20 ottobre 2010

Paradiso e libertà

Raniero La Valle è un autore atipico. Di parte, ma imparziale. Parlamentare della Sinistra Indipendente dal 1976 al 1992 ed erudito commentatore della Bibbia. Giornalista e direttore dell’«Avvenire d’Italia» che ha raccontato quotidianamente i genocidi del Vietnam al pari dei lavori del Concilio Vaticano II. Avvinto dalla tenerezza di Dio per l’uomo e preoccupato dall’urgenza di porre rimedio all’ingiustizia del mondo, autore in Parlamento della legge sull’obiezione di coscienza, affascinato dalla figura di Giuseppe Dossetti, padre costituente fattosi poi monaco francescano a metà degli anni ’50. Questo e molto altro si apprende dalla lettura del suo ultimo Paradiso e libertà (ed. Ponte alle grazie, 2010), che inizia con la domanda: «noi siamo Dio? Di questo vorremmo parlare». Un libro che prende spunto dalla
Sacra Scrittura, dall’economia, dalla filosofia e dalla politica per scoprire il senso attuale e propulsivo dell’asserto del Siracide: «Dio ha messo l’uomo in mano al suo consiglio». È un azzardo teologico immaginare che Dio consacri l’uomo nelle sue proprie, umane, libertà e autonomia? Se di azzardo si tratta, è stato arrischiato fin dai primi Padri della Chiesa, per i quali «Dio si è fatto uomo affinché l’uomo possa diventare Dio».
Né si tratta di una mera speculazione esegetica: per La Valle la questione consiste nell’individuare una fede cristiana effettiva, vitale, in grado di trasformare questa “valle di lacrime” in un luogo di pace, in grado di unire gli uomini nel dialogo con le altre fedi (e non un «titolo nobiliare che permette di trattare gli altri come dei pezzenti»). Una fede che possa portare almeno un po’ di Paradiso su questa terra, dando risposte concrete alla sofferenza, all’iniquità; una fede che possa preferire dar da mangiare agli affamati, piuttosto che abbandonarli al loro destino con un “beati i poveri!”; una fede la cui caratteristica sia la libertà (che è anche l’immagine stessa di Dio, ricorda l’autore): libertà dell’uomo dalla schiavitù, dall’ignoranza, dalla compulsione, dall’egoismo.
Per fare ciò, è necessario uscire dalla retorica del “Dio è tutto, l’uomo è niente”. Dio si fida del consiglio dell’uomo. È ora che cominciamo a fidarcene anche noi.

(«l'Altrapagina», ottobre 2010)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano