Italia a lume di candela (ed. L’asino d’oro, 2010) è un agile e “illuminante” libro di Marzio Bellacci, collaboratore di diverse testate nazionali e curatore del blog “Energia: un bla bla all’italiana” (http://www.marziobellacci.com/).
Ben documentato, mai sovrattono e imparziale quanto basta, spiega l’attuale situazione energetica italiana tracciandone un itinerario storico che va da
Mattei ai giorni nostri. Concentrandosi sull’esigenza (indiscutibile) di avere un Piano Energetico Nazionale che sia uno (e che non cambi al cambiare periodico del ministro dell’industria). Scopo che richiede - va da sé - non tanto l’accordo tra gli schieramenti parlamentari di turno, quanto il consenso popolare diffuso e sentito intorno alla scelta energetica (e qui - almeno fino a che le cose non saranno cambiate - va ricordato che l’Italia ha detto no al nucleare con un referendum, nel 1987).
Bellacci si diffonde in particolar modo sulle crepe e sulle farraginosità del preteso ritorno italiano al nucleare: si va avanti a colpi di proclami mediatici, cui non seguono i necessari passi attuativi (ad esempio, non è ancora stato nominato il Presidente dell’Agenzia per la Sicurezza Nucleare); con una costante incertezza sui costi e sulla relativa copertura finanziaria (ad oggi nessuno sa chi potrà finanziare un’impresa, come quella nucleare, che costerebbe all’Italia intorno ai 75 miliardi di euro); con la consapevolezza che il nucleare sia «un giocattolo pericoloso non solo per la sicurezza dei cittadini, ma anche per le voglie e gli interessi che potrebbe scatenare»; ben sapendo che a Three Miles Island, nel 1979 - 7 anni prima di Chernobyl - si stava sfiorando la fusione del nocciolo del reattore, la più temibile delle catastrofi nucleari: è vero, non accadde; ma avrebbe potuto.
Quello di Bellacci è un libro che, soprattutto, smaschera l’inumana menzogna della “sicurezza intrinseca” (tanto più atrocemente inverosimile quanto più sbandierata dai nuclearisti), spiegando, con una dimostrazione di grande buon senso, che si tratta di una chimera, di una contraddizione in termini, di «una bella formulazione che non potrà mai divenire concreta, tenendo conto che la sicurezza assolutanelle opere dell’uomo non esiste e non è mai esistita».
L’autore non teme di rivelare, infine (con le parole dell’ad di Enel, Fulvio Conti) che la bolletta nucleare sarà necessariamente più cara di quella attuale. Infatti: «per poter assicurare gli investitori privati che anticiperanno i capitali necessari al nuovo programma nucleare, servirà da parte del governo la garanzia di una soglia minima delle tariffe di vendita del chilowattora nucleare. Un chilowattora che, comunque, sarà ancora una volta più caro di quello altrui e la differenza la pagheranno ancora una volta i consumatori: imprese industriali e singoli cittadini».
Altro che rilancio dell’economia e dei consumi: quella nucleare è un’impresa che, come sempre, tutela la finanza e tartassa i consumatori. Perché non si chiede alla finanza i assumersi, una volta tanto, il suo proprio sacrosanto rischio d’impresa? E perché non si garantisce, al contrario, un chilowattora a prezzo più basso per i consumatori (visto che questo è uno dei maggioro cavalli di battaglia dei nuclearisti, che danno per scontato un risparmio in bolletta)?
Oltre a ciò, Italia a lume di candela ha ancora tante cose da dire, tra cifre, tabelle, informazioni d’archivio. Con una Prefazione (purtroppo non allo stesso livello) di Margherita Hack.
(«Pagina3», 5 novembre 2010)
venerdì 5 novembre 2010
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