lunedì 7 febbraio 2011

Amore limpido. Intervista a Giorgio Piccinino

Mentre la poesia e la letteratura si consumano sugli struggimenti dell’innamoramento e del sentimento non corrisposto e giornali e tv si sviliscono con modelli sessuali e amorosi effimeri e frettolosi, il vero problema del nostro tempo è come conservare nel tempo qualcosa - come il rapporto d’amore tra due persone - che proprio nel tempo subisce evoluzioni radicali e trasfiguranti, spesso foriere di incomprensioni (all’altro come a se stessi). La vita di coppia è il tema di Amore limpido, ultimo libro di Giorgio Piccinino, che abbiamo intervistato.

Partiamo dalle due domande che aprono il Suo studio: che cos’è l’amore? Perché ci innamoriamo?
Comincerei col dire che noi non ci innamoriamo solo delle persone, magari lo chiamiamo in modi diversi, ma ciò che ci accade è sempre uguale, lo dico semplicemente: si tratta dell'entusiasmo che proviamo verso qualcosa che ci sembra, giustamente o meno, molto attraente per noi. Ci eccitiamo, siamo curiosi, ci accendiamo, ci esaltiamo insomma, quando
sentiamo che una persona, un certo stato, un progetto o anche un oggetto ci sono indispensabili. Ci muoviamo per appropriarcene o goderne con foga, provando anche gioia per l'anticipazione di ciò che avverrà. Come se di quella cosa non potessimo farne a meno. C'è in questo processo di attivazione e premio di felicità (o frustrazione) un'intelligenza evolutiva finalizzata alla sopravvivenza della specie. L'amore per gli esseri umani è una necessità biologica.

Parla di “amore limpido, oltre i luoghi comuni”. Di che si tratta?
L’amore è un comportamento, come dicevo, non un sentimento o un’emozione, caso mai una propensione ad essere gentili, altruisti, generosi, accudenti, affettuosi, un modello di relazione che tutti avremmo se fossimo stati accolti amorosamente da piccoli. Un orientamento indispensabile alla vita di coppia e di gruppo. Ma non è che uno può dire “sento che ti amo da morire!” che vuol dire? Uno può sentire un gran bisogno dell’altro, una mancanza quando non c’è, tristezza quando è solo, rabbia se quello se ne va o tradisce, ma l’amore no, quello si vede dal comportamento. Che una persona senta l’assenza dell’altro in modo angoscioso e struggente non descrive il suo amore, ma il suo bisogno d'amore. Mi ami se sei capace di amare, non se impazzisci senza di me. Oltre a questo, bisogna sfatare un altro luogo comune: che ci sia l’anima gemella e che una volta trovata il più è fatto (mentre non solo ciò non è vero, ma è foriero di grosse complicazioni: di fronte a un fallimento, si pensa che ciò sia irrimediabile, mentre si può sempre ricominciare con una persona diversa). In sostanza, chiamo amore limpido quello in cui ciascun partner è altruista almeno quanto autocentrato, in evoluzione e crescita almeno quanto conservatore, e propenso a espandere quest'impulso anche oltre la coppia, per la famiglia, per la comunità.

Il Suo libro vorrebbe essere una “cura preventiva”. Da cosa?
Ho cercato, con la collega con cui normalmente faccio terapia di coppia, di scrivere un libro che prevenisse dolori e fallimenti, per gli amanti e per i loro figli, ma, prima di tutto, mi piacerebbe che le persone capissero che ad amare si impara, che serve attenzione e tempo, impegno e pratica. Amare una madre o un padre è molto diverso che amare un amico nell'adolescenza o nella maturità, così com'è diverso amare un partner e poi i figli e i partner dei nostri figli, e i nipoti, e gli amici e i colleghi e i vicini ecc. ecc. credo corra proprio l’obbligo di verificare, prima o poi, se quello che abbiamo imparato sull'amore nell’infanzia è abbastanza e ci va ancora bene. La vita di coppia è la grande occasione per re-imparare ad amare, da adulti. grazie a una persona che abbiamo voluto al nostro fianco, prima di tutto per questo, per evolvere. Nel libro ho spiegato cos’è l’amore e cosa ci dà veramente gioia e felicità: per cosa vale la pena vivere. Poi come scegliere il partner. Poi come bilanciare l’amore per noi stessi e l’amore per l’altro. Poi come prendersi cura della quotidianità, e via così. E anche come si fa a godere, a confrontarsi e negoziare, come costruire una cultura nuova e comune. Insomma abbiamo anche cercato di scrivere un libro concreto e pratico.

Nella nutrita e multicolore bibliografia spiccano i nomi di Raimon Panikkar e Zygmunt Bauman. In che modo questi due autori accompagnano il Suo pensiero e questo libro in particolare?
Ah Panikkar... Panikkar è stato un autore che mi ha cambiato la vita, non solo quello che ha detto, ma come lo ha detto, ci sono dei video che si possono acquistare con delle sue conversazioni. Sono veramente istruttivi. Lui parla e anima con il sentimento le sue parole, non spiega, non racconta, non so come dire, lui si esprime, si commuove, si arrabbia. Lui stesso fa vedere quello che afferma, per esempio che non possiamo insegnare nulla in modo convincente che non sia profondamente nostro, interiorizzato, vissuto ed espresso con l’immediatezza e il calore di chi ci crede veramente e, cosa decisiva, pratica veramente ciò che dice. Le persone sentono la verità della sua esperienza uscire senza mediazioni intellettuali, è l’autenticità della saggezza semplicemente offerta con il calore e la passione di chi ne è entusiasta. Spero di essere riuscito anch’io a scrivere così. Un libro appassionato che parla anche molto di me, del mio ottimismo, del mio amore per la vita e per la limpidezza. Per Bauman il discorso è diverso. Questo mio libro potrebbe essere il proseguimento positivo della sua critica alla società liquida. Lui ha evidenziato le criticità, io, in tutta umiltà, ho cercato di proporre una strada per dare peso, profondità, impegno e durata alle relazioni affettive. Nel concetto di limpidezza c’è per me la trasparenza e la leggerezza, ma anche la profondità e il movimento armonico e corale del mare, un antidoto a quella superficialità, quell’inconsistenza, quella volubilità dei modelli consumisti di relazione che Bauman ha così ben evidenziato.

Propone ai lettori una prospettiva di amore e di felicità. Se ne può ancora parlare nel terzo millennio?
Per il terzo millennio dico solo che mi pare che il mondo occidentale stia, nel lungo periodo, cercando di rivalutare la naturalità in tutti i campi. Sarebbe ben buffo che riuscissimo a salvare il panda gigante o la laguna di Venezia e ci perdessimo questo piccolo e magnifico essere umano lasciandoci trasformare in una specie di robot onnivoro, anaffettivo, asessuato e intercambiabile. Tornare alla natura vuol dire per la nostra umanità ricuperare ciò per cui vale da sempre la pena vivere: amare, conoscere e creare e dunque dare un significato alla nostra presenza qui. Come diceva Panikkar essere co-creatori dell’universo.

(«il Recensore.com», 7 febbraio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano