giovedì 3 febbraio 2011

Due piccoli grandi tesori

Andrea Milano
Gli ultimi due libri di Andrea Milano, docente di Storia del cristianesimo all’Università “Federico II” di Napoli, entrambi pubblicati dalle Edizioni Dehoniane, sono piccoli grandi tesori di teoresi: Quale verità. Per una critica della ragione teologica (1999) e Donna e amore nella Bibbia. Eros, agape, persona (2008). Densi, corposi, nutriti da una bibliografia poderosa e a tuttotondo in inglese, francese, tedesco e innervati da riferimenti e citazioni dall’ebraico, dal greco e dal latino (tradotti a cura dell’autore).
Quale verità pone il problema della verità in teologia: la teologia deve aspirare a porre la quaestio de veritate, oppure può accontentarsi di essere ancora una volta ancilla philosophiae, delegando al pensiero “laico” (ma più spesso a quello soltanto razionalistico e calcolante) la domanda ultima?
La teologia deve porre al centro della speculazione il proprio fondamento (la rivelazione cristica), oppure dovrebbe - ai fini del rigore - astenersi da qualunque presupposto (ove mai ciò fosse possibile per una qualunque impresa del pensiero)? Nel rispondere a questa domanda, Milano si pone in dialogo con il testo biblico, con la filosofia scolastica e dei padri ma non di meno con quella moderna, anche atea (Heidegger), non solo occidentale; interlocutore privilegiato è ovviamente la teologia del Novecento. Riuscendo a suggerire - lontano da soluzioni definitive o a buon mercato - originali sentieri di riflessione.
Donna e amore si concentra invece sulla questione femminile, a partire dai testi sacri e dalla più recente teologia “femminista”, esegesi definita di una novità “clamorosa” e “rilevante”, «con la quale siamo costretti a misurarci». L’autore parte dalla considerazione schietta della problematicità della Bibbia rispetto alla donna: ciò di cui si è approfittato - non solo in passato, ma ancor oggi - per relegare la donna in una condizione di inferiorità. Nell’auspicio di arrivare a un incontro con la teologia, non solo femminista, consapevole che non può esserci pace dove c’è divisione.
La pace. Il vero protagonista di questi due libri di filosofia-teologia-esegesi - sullo sfondo, tra le righe, palpabile anche quando assente nel testo - è la pace. Perché questi non sono semplicemente libri scritti con l’intento di dare il proprio contributo alla ricerca teoretica (scopo pur ottimamente raggiunto); il fine di questi libri è “fare qualcosa di costruttivo” (termine quest’ultimo che ricorre nel linguaggio dell’autore): il vero fine è cambiare il mondo, per renderlo un luogo pacifico e conviviale. E questi libri sembrano scritti per dirci che un altro mondo è possibile, se prendiamo coscienza che la Bibbia non autorizza la discriminazione, la denigrazione, lo svilimento della donna che la nostra società perpetra; che la pace tra gli esseri umani - in primo luogo quella religiosa - è possibile se comprendiamo che il dialogo tra visioni del mondo distanti (al limite anche incompatibili) non implica la rinuncia alle nostre convinzioni (anzi), che si può aspirare all’unità senza ridursi ad una desolante unicità e che si può evitare che l’altro (che la pensa diversamente da noi) debba sempre pagare il prezzo della nostra “ragione”.
Con uno stile fluente e - se non si temesse di esagerare - si direbbe perfino amabile, questi due testi - che l’autore ha maturato nel corso degli ultimi undici anni - non sono certo tascabili da sfogliare nella pausa-pranzo, ma opere da meditare con calma e una buona dose di silenzio. Più che scritti, semi che si spera possano germogliare nella vita degli uomini. E portare frutto in abbondanza.

(«l'Altapagina», gennaio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano