mercoledì 2 febbraio 2011

Il naso lungo di Chernobyl. Intervista a Massimo Bonfatti

L’incidente di Chernobyl è un caso chiuso del passato, o un monito alla nostra generazione infervorata dal “rilancio nucleare”? Quanta verità conosciamo della vicenda di Chernobyl, e quanta invece continua a venircene nascosta dal sodalizio tra governi, imprese multimiliardarie e organismi internazionali? Ne abbiamo parlato con Massimo Bonfatti, giornalista esperto di tematiche dell’Europa centrorientale, autore del recente libro dal titolo Il naso lungo di Chernobyl (Carlo Spera, 2010).

Perché Chernobyl secondo Lei è il “paradigma delle menzogne nucleari”?
Chernobyl non è solo il paradigma delle menzogne nucleari, ma è il paradigma di tutto il nucleare. L’incidente di Chernobyl, estrapolandolo dal suo contesto e caso specifico, è stato ed è un insegnamento che non possiamo ignorare. Purtroppo questo insegnamento viene vissuto in maniera paradossale. Per alcuni (e fra questi l’AIEA, Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) l’esplosione del 1986 rappresenta, addirittura e indirettamente,
il viatico per una nuova era nucleare: partendo, infatti, dall’assunto che l’incidente è stato il frutto di un esperimento maldestro e di una tecnologia superata e mal gestita, diventa, per queste sue stesse prerogative, il punto di paragone per progettare il futuro e la costruzione di nuove centrali. Ma questo è un tranello: perché, al contrario, ogni seria discussione sul nucleare dovrebbe mettere al centro l’incidente di Chernobyl e con esso il corteo di conseguenze ascrivibili, con portata diversa, a qualsiasi incidente nucleare; con esso l’eredità lasciata per i prossimi secoli ed, infine, il monito che nulla al mondo è irripetibile. E il debito che in questi casi si contrae con l’avvenire – in termini di scorie che non si sa come e dove collocare in sicurezza, danni all’ambiente e al patrimonio genetico umano – può durare millenni. Questa è la verità.
Potremmo dire che il nucleare è una “cambiale”.
Gli studi sul nucleare sicuro, la ricerca di nuove tecnologie nucleari, i dibattiti accesi sulla costruzione di qualche decina di centrali al mondo sono l’albero che nasconde la foresta: la foresta delle oltre 400 centrali nucleari già presenti, compreso il significativo numero di quelle obsolete come Chernobyl; la foresta di un’eredità nucleare di cui non si è trovata soluzione. Arrovellarsi oggi attorno alla pretesa sicurezza delle nuove centrali nucleari è un falso problema con cui si cerca di nascondere il problema vero: cioè l’insicurezza di quelle esistenti, l’impossibilità del loro smantellamento (si ricordi che ad oggi neanche una sola delle centrali nucleari chiusa è stata dismessa e confinata in sicurezza), al numero impressionante di scorie da gestire e smaltire, al futuro già ipotecato per le future generazioni. Non c’è bisogno di avventurarsi in nuove strategie nucleari lasciando irrisolti gli stessi problemi che il nucleare ha generato. È come essere pieni di debiti e costruire una nuova casa: i creditori non staranno a guardare! E prima o poi bisognerà renderne conto al mondo e alla natura (creditore in attesa) che lo governa: senza sconti.
Nanni Salio, che firma la prefazione, propone un quadro devastato dello stato dell’informazione: fra scienziati negazionisti al servizio delle multinazionali, scienziati militari al servizio della guerra e scienziati imprenditori al servizio del proprio profitto… sembra difficile fare e ottenere un’informazione pulita e libera intorno al nucleare.
L’informazione è il tallone d’Achille del nucleare. L’informazione e la democrazia sono stati immolati in nome di grandissimi interessi economici e militari. Va ribadito: il nucleare nasce bellico e per continuare ad esistere ha bisogno di appoggiarsi e mantenere quello civile. Se in Francia il nucleare costa poco è perché l’industria militare lo sovvenziona. Possedere il nucleare bellico vuol dire entrare nel club dei potenti e gestire le politiche e le aree di influenze strategica nel mondo. La prevalenza del nucleare civile è un’illusione, se non un falso problema. Se il problema fosse solo quello del nucleare civile, che senso avrebbe parlare di stati canaglia a cui impedire l’uso della tecnologia nucleare? Domanda retorica che include l’ovvia affermazione che il possesso del plutonio avviene attraverso il nucleare civile. Dove possono esistere informazione e democrazia quando, per esempio, la politica in doppiopetto dell’Areva sul Forum Nucleare Italiano diventa politica di sfruttamento e generatrice di disastri in Niger? Un’ultima annotazione: non avete mai notato che l’informazione sugli incidenti nucleari viene divulgata sempre a distanza di tempo allo scopo di coprire eventuali responsabilità o creare le condizioni per sminuire eventuali impatti ambientali o sulle persone?
Nel libro parla dettagliatamente (allegando fonti e documenti integrali) dell’accordo WHA 12-40 fra l’OMS e l’AIEA. Che cos’è e perché è così importante?
È l’accordo truffa che ha sancito, all’interno dell’ONU, il primo matrimonio di comodo (28 maggio 1959) fra due importanti agenzie: l’AIEA e l’OMS. L’accordo prevede che non possano essere divulgati dall’OMS le indagini e i dati sanitari conseguenti a incidenti nucleari senza il consenso della stessa AIEA che funge, pertanto, da controllore e controllato. E così è stato per tutti gli incidenti nucleari, Chernobyl compreso. Una censura preventiva che continua tuttora. Non solo un accordo in palese contrasto con i fini statutari dell’OMS, ma che lede, oltre al diritto di salute, uno dei diritti più importanti per la persona: il diritto all’informazione.
Chiude il Suo saggio con la massima di Brecht: “chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi - conoscendola, la chiama bugia, è un criminale”. A chi la rivolge?
Le mie precedenti risposte indicano chiaramente le responsabilità. Assolvo chi sostiene il nucleare in buona fede. Per tutti coloro che, conoscendola, tacciono la verità, la nascondono o la dissimulano, la responsabilità per la scelta nucleare fa rima con mafia e criminalità.
(«il Recensore.com», 1 febbraio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano