mercoledì 9 marzo 2011

Divinamente inutile. Gli ultimi due libri di Pietro Barcellona

Continua, da parte del filosofo catanese Pietro Barcellona, la ricerca del senso e del valore della realtà, controcorrente nella nostra epoca rivolta alla mercificazione e allo svilimento di ogni cosa. Nel suo ultimo Incontro con Gesù (ed. Marietti, 2010) il professore strabilia i più - abituati a vedere in lui un comunista “di ferro”, forse non esageratamente razionalista, ma certamente ateo - con una marcata presa di posizione a favore della religiosità cristiana (il cui prologo è visibile nell’opera L’ineludibile questione di Dio, del 2009). Con tanti distinguo relativi all’istituzionalizzazione ecclesiastica della fede; con scetticismo nei confronti
delle tante “cose della religione” che si devono, che si usano, che ci si aspetta e via discorrendo. Ma con una certezza: solo il cristianesimo - inteso come messaggio evangelico di Gesù - è in grado oggi di parlare all’umanità del valore dell’uomo, proprio mentre va affermandosi in ogni dove una volontà di potenza che sacrifica senza rimorso la vita di milioni di uomini alla realizzazione dei propri progetti; supportata ideologicamente da un’evoluzionismo che fa della più barbara legge della giungla un principio ontologico; intrisa di una razionalità tronfia e autoreferenziale abituata a parlar molto e ad ascoltare poco (che il filosofo francese Maurice Bellet ha definito “ragione sorda”). Allo sviluppo lineare e inarrestabile della retorica nichilista Barcellona contrappone l’irruzione nella storia della “singolarità” cristiana, la nascita di Gesù, il quale proclama a un pubblico di adulti - convinti di non aver quasi più nulla da imparare - che non solo tutto ciò che credono di sapere va rivisto, ma che per farlo devono nascere una seconda volta e diventare come bambini. E che la fondazione della società umana va rovesciata, mettendo alla radice la gratuità del dono (di cui la vita di Gesù è il simbolo più eloquente), al posto ora occupato dal profitto, dal tornaconto, dall’interesse individuale.
Tema che il professore aveva già intrapreso nel precedente Elogio del discorso inutile (ed. Dedalo, 2010), in cui critica il principio di utilità il quale - applicato a sproposito all’intera realtà umana e non solo ai meccanismi della produzione - finisce per sopprimere la dignità dell’uomo e per affermare la superfluità della vita umana in sé: l’uomo non è più un fine, ma un ingranaggio del sistema, già pronto a sopprimerlo quando ciò torni economicamente conveniente (visione, ancora una volta, sponsorizzata dall’evoluzionismo e dalla neurobiologia).
È dunque urgente quanto mai - sostiene Barcellona - recuperare alla svelta il pregio dell’inutile, che non è affatto l’insulso, bensì ciò che non ha prezzo né funzione, se non quella di rendere gioiosa, felice, umana la vita degli uomini: come i figli (quanto di più antieconomico esista, eppure irrinunciabili), come l’amore (antieconomico e per di più, sotto certi aspetti, perfino irrazionale: certamente contrario all’affermazione della potenza). Non a caso si tratta sempre di cose che permettono all’uomo di uscire da se stesso per andare incontro agli altri: si tratta di cose che fan sì che l’uomo sperimenti quell’eccedenza di cui parlano diverse spiritualità, contro cui si sono infranti tanti ateismi (a partire da quelli rivoluzionari, che hanno fallito - nonostante la strabordante forza coercitiva - nel cercare di sopprimere l’impulso all’“oltre” inscritto nell’uomo).
Le riflessioni di Pietro Barcellona sono sempre radicate nel suo vissuto (di cui offre con generosità ampie panoramiche), sia che si tratti della sperimentazione in prima persona di discorsi “inutili, non mirati alla soluzione pratica a un problema specifico, ma in grado di dar luogo a una trasformazione creativa di pensieri ed emozioni”, sia che si tratti di un incontro con il Figlio di Dio che non potrebbe far altro che cambiare il cuore e la vita dell’uomo. In una sorprendente sintesi di marxismo, esperienza politica, lettura biblica e psicanalisi, scopriamo che c’è qualcosa in comune tra l’alienazione degli operai, la sofferenza dei popoli massacrati dalle guerre, le patologie psichiche delle masse annoiate nei Paesi più ricchi della terra: l’esigenza di attingere alla fonte dell’eccedenza, che molte tradizioni chiamano “divinità”. Il nostro mondo ha mostrato a sufficienza che, quanto più si tratta quest’anelito all’oltre come un’illusione, più si rende la vita dell’uomo impossibilmente infelice. È tempo di guardare altrove. Qualcosa di inutile ci aspetta.

(«l'Altrapagina», febbraio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano