domenica 8 maggio 2011

Il nucleare è una cambiale. Intervista a Giuseppe Onufrio

Giuseppe Onufrio, Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, ha cominciato la sua attività ambientalista a 19 anni organizzando una campagna contro il nucleare. Fisico, ricercatore, ha lavorato per diversi enti italiani e stranieri sui temi della valutazione ambientale dei cicli tecnologici e delle politiche energetiche per la riduzione dei gas a effetto serra. Già consigliere d’amministrazione dell’Agenzia per l’ambiente (all’epoca ANPA) è stato per cinque anni direttore scientifico dell’Istituto sviluppo sostenibile Italia (ISSI).

Siete da sempre contrari al nucleare. Perché?
Perché nessuno dei problemi aperti dalla tecnologia nucleare ha finora trovato soluzione. Non esistono impianti “intrinsecamente sicuri”, non esiste una soluzione di lungo termine alla gestione dei rifiuti nucleari, non esiste
una filiera nucleare che non sia utilizzabile anche a scopi militari, è una tecnologia molto costosa e finanziariamente rischiosa, si basa ancora sull’Uranio, le cui riserve hanno un’orizzonte di esauribilità dello stesso ordine di quello del gas naturale.
Sul vostro sito internet si legge che “il nucleare non serve”. Perché?
Anche raddoppiando l’attuale potenza nucleare installata, l’effetto sulle emissioni di CO2 non supererebbe il 5%. E, per ottenere questo risultato bisognerebbe nel mondo allacciare alla rete un nuovo reattore ogni 20 giorni da oggi al 2030.
Il ministro dell’Ambiente Prestigiacomo ha recentemente affermato che il nucleare è una fonte energetica pulita perché non emette CO2. È corretto?
Il nucleare presenta nel suo ciclo di produzione anche emissioni di CO2, per quanto limitate. In prospettiva queste emissioni potranno essere anche significative perché in parte sono legate all’estrazione e alla lavorazione del minerale uranifero. Man mano che si utilizzeranno minerali a minore contenuto di Uranio, si richiederà un maggiore apporto energetico e, anche, di fonti fossili.
I danni emergono a decine di anni di distanza (in termini di scorie, di radioattività, di costi connessi agli imprevisti all’ordine del giorno - come lo sgombero miliardario del deposito di Asse, in Germania, in cui si è improvvisamente infiltrata dell’acqua). È vero - come è stato scritto - che “il nucleare è una cambiale”?
Sì, è una cambiale. In termini economici: una volta approvato un progetto di un nuovo reattore, il suo smantellamento a fine vita avverrà dopo 90-100 anni dall’inizio della sua costruzione. Anche se i costi attualizzati delle operazioni di smantellamento (e di futura sistemazione delle scorie) possono essere limitati, trattandosi di spese molto dilazionate nel tempo, il problema è quello di mantenere il valore degli accantonamenti per tutto questo tempo, in modo che i nostri pronipoti oltre a ereditare un “pacco nucleare” abbiano anche le risorse (e, si spera, le competenze) per poterlo gestire. In termini sanitari: la contaminazione radioattiva produce effetti sanitari anche alle basse dosi, i cosidddetti “effetti stocastici”, che arrivano anni e anni dopo.
Quali sono i danni del nucleare per la salute? E come mai ancora oggi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non può pubblicare i propri dati senza l’autorizzazione dell’AIEA?
Anche in assenza di incidenti gravi le radiazioni ionizzanti producono effetti sulla salute. Secondo il Kikk Study, una analisi epidemiologica dell’Università di Mainz in Germania sul periodo 1983-2003, l’incidenza di leucemie infantili (bambini da 0 a 5 anni) nei dintorni delle 17 centrali tedesche (entro 5 km) risultava superiore del 120% rispetto alla media tedesca. Quella dei tumori infantili è risultata superiore del 60%. Che la valutazione dei danni delle radiazioni debba essere approvata dalla stessa Agenzia che pruomuove la tecnologia nucleare è uno scandalo. Come Greenpeace chiediamo da tempo una riforma dell’IAEA per toglierle il ruolo di promozione della tecnologia.
Il giudice ha vietato la pubblicità del Forum Nucleare Italiano in quanto ingannevole. Come commenta?
La motivazione del Giurì è legata al fatto che il Forum sembbrava non prendere posizione quando tutto lo spot è a favore del nucleare anche se in modo subdolo e pertanto ingannevole. Noi abbiamo criticato lo spot sui contenuti: secondo una delle voci il nucleare sarebbe indispensabile perché tra 50 anni le fonti fossili potrebbero non bastare (affermazione fatta anche da Veronesi in altro contesto). È vero che le fonti fossili declineranno nel tempo, ma questo è vero anche per l’Uranio. Che le scorie nucleari si possano gestire in sicurezza è un’altra bufala: nessun Paese finora è riuscito a dimostrarlo.
Cosa impariamo dall’esperienza di Fukushima?
Che la possibilità che un reattore vada fuori controllo esiste e che le conseguenze possono essere molto serie. I nuovi reattori cercano di ridurre la probabilità che eventi del genere accadano, ma il rischio ha due componenti: la probabilità che un evento (o una catena di eventi) accada e l’entità delle conseguenze. Come entità delle conseguenze, i nuovi EPR sono oltre il doppio dei reattori di Fukushima e in caso di un incidente potrebbero rilasciare quantità superiori di radionuclidi.
I sostenitori del nucleare sono soliti riferirsi alla Francia, sostenendo che un incidente in Italia sarebbe pericoloso come uno in Francia. È così?
In generale la diluizione atmosferica dei radioelementi scende col quadrato della distanza. E, nel caso italiano, abbiamo visto come le Alpi ci abbiano parzialmente coperti all’epoca di Cernobyl. Certo potremmo venire coinvolti da un incidente oltre confine, ma l’entità dei danni sarebbe diversa. Teniamo conto che, a Fukushima come a Cernobyl, l’evacuazione delle zone contaminate è necessaria per i primi 20-30 km dall’incidente. Nel caso di Fukushima, Greenpeace (e l’IAEA) hanno chiesto l’evacuazione di un villaggio – Iitate – a 40 km dall’impianto.
Qual è il futuro dell’energia in Italia?
Gli scenari di consumo dell’elettricità – l’unica forma di energia che il nucleare produce – sono stati ridotti dalla crisi economica. Ad ogni modo, i 100 miliardi di kilowattora all’anno che si vorrebbe produrre col nucleare in Italia si possono fare con le rinnovabili e l’efficienza: il loro potenziale è più che doppio rispetto a quella cifra. Che poi l’Italia avrebbe costruito 4 reattori EPR e 6 reattori AP-1000 ci può credere solo una persona sotto l’effetto di sostanze psicotrope.
Non c’è forse il rischio - tutto italiano - che le cricche e le mafie mettano le mani sugli appalti di costruzione e sullo smaltimento dei rifiuti? Finiremmo così per ritrovarci con edifici fatiscenti e inadatti, e con rifiuti radioattivi interrati nelle campagne.
Il rischio di cricche e mafie esiste anche per le rinnovabili purtroppo. Col nucleare c’è un livello di rischio che però nessuna altra fonte mette in gioco.
La Germania ha annunciato che sarà in grado, entro il 2050, di raggiungere l’autosufficienza energetica grazie unicamente alle fonti rinnovabili. Si tratta di un’utopia, o di un obiettivo cui tendere?
Scenari al 100% rinnovabili per l’Europa sono oggi in discussione: tecnicamente ed economicamente sono fattibili, ma richiedono una strategia di lungo termine e un adeguamento progressivo e una integrazione delle reti di trasmissione e distribuzione a scala europea. È chiaro che sia sul piano tecnico sia su quello economico la strada verso le rinnovabili – parte delle quali hanno una produzione intermittente - è incompatibile col nucleare. La Spagna nel 2010 ha coperto con le rinnovabili il 35% del fabbisogno elettrico, l’Italia il 21%. Al 2020 potremmo benissimo raggiungere la quota della Spagna, se il Governo non ucciderà col decreto sugli incentivi in discussione in queste settimane questo settore industriale giovane e in crescita.
(«l'Altrapagina», aprile 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano