domenica 31 luglio 2011

Scurdammece ’o passato

Piergiorgio Paterlini, scrittore e giornalista italiano, fondatore del giornale satirico Cuore insieme a Michele Serra, ha scritto all’indomani del risultato delle ultime elezioni amministrative (18/5/2011) quanto segue (che riporto con qualche taglio; la versione integrale è disponibile online presso il blog “Piovono rane” dell’«Espresso»):
Oggi farò il guastafeste. Non mi riesce di festeggiare più di tanto, di essere contento, di soffiare insieme al vento del Nord. Perché? Perché penso che quando Berlusconi se ne andrà – è chiaro che se ne andrà, tutti ce ne andiamo prima o poi, sospetto lo sappia perfino lui – sarà sempre troppo tardi. [...] Ben che vada, ce lo saremo tenuti vent’anni, uno così. [...] Un Paese che si tiene Berlusconi vent’anni, è un Paese che non si può perdonare. E poiché è il mio, io non mi posso perdonare, pensatela come volete. Penso anche un’altra cosa e – un po’ più ottimisticamente – mi metto avanti con il lavoro. Penso che se questo Paese
non potrà perdonare se stesso, potrà perdonare un giorno proprio lui, Berlusconi. E potrà dimenticarlo. Soprattutto. Ma quelli che non potrà né perdonare né dimenticare – e invece lo farà, so che lo farà, i dopo-regimi sono tutti così tragicamente smemorati – sono i finti amici della sua corte. [...] Non potrò perdonare i Cicchitto, i Letta, i Capezzone. Mai, questo mai. Tutti quelli che sapevano e vedevano lucidamente ma con un cinismo che non so nemmeno definire hanno lasciato correre, anzi incoraggiato. Per puro egoismo personale. [...] Quelli che fingevano di non vedere e di non sapere. Loro non si potranno perdonare. Le loro colpe sono infinitamente superiori a quelle di questo povero miliardario anziano pericoloso ma anche patetico.
Di qui a ben poco, gli italiani non solo non saranno più berlusconiani, ma pretenderanno di non esserlo mai stati

Sottoscrivo le parole di Paterlini ed estendo il suo biasimo a tutti quelli che in questi lunghissimi anni hanno sostenuto Berlusconi, inneggiato a Silvio, fatto attivismo impegnato o spicciolo, propaganda, (dis)informazione di parte. Quelle persone di tutti i giorni, amici che sono diventati conoscenti, con i quali parlavamo e poi abbiamo smesso per forza di cose, perché era diventato inutile (perché erano diventati, come dice Aristotele, “simili a tronchi”, insensibili alla forza della ragione). Ebbene, tutti costoro, di qui a brevissimo (qualcuno già sta facendo capolino), non solo di punto in bianco non saranno più berlusconiani, ma pretenderanno di non esserlo mai stati. Mi torna alla mente il finale del romanzo L’oro del mondo di Sebastiano Vassalli:
«Toio».
«Sì, mamma».
«Parlano tutti di Bepo. Ha detto forse qualche sciocchezza?»
«No, ha detto la verità».
«Ne ero sicura. Ma insomma, cos’ha detto di così terribile per mettersi tutti contro?»
«Ha detto che Mussolini ha voluto la guerra e che la maggioranza degli italiani era d’accordo con lui; che nel Paese non c’era opposizione».
«E allora?»
«Allora, faceva meglio a star zitto. Gli italiani, adesso, non si accontentano di non essere più fascisti, vogliono non esserlo mai stati».
«Sono uno strano popolo, gli italiani!»
«Ah sì, su questo non c’è dubbio... Basta, non parliamone più».

(«Il Caffè», 8 luglio 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano