sabato 24 settembre 2011

Che pena che fa

Mo mi deve fare pure pena. Dopo tutto questo tempo. Dopo il coro di voci discordi che gli si è avventato contro, e lui neanche una piega. Oggi (3 settembre 2011) scrive una lettera polemica al governo e (finalmente) dà le dimissioni: Umberto Veronesi non è più Presidente dell’Agenzia per la sicurezza nucleare. A sua parziale discolpa, diciamola tutta: a tutt’oggi il decreto di nomina non è stato ancora formalizzato. Niente sede, niente personale, nessuna dotazione. Di che farsi saltare la mosca al naso. Del resto, dopo il referendum dello scorso giugno, all’Agenzia (peraltro in corso di soppressione ad opera della recente manovra finanziaria) non rimaneva che la dismissione delle vecchie centrali e il deposito in sicurezza delle scorie. «Non voglio certo occuparmi solo di scorie» taglia corto il professore prima di togliersi di mezzo. Brutto inizio, peggior finale.

Ma non chiedetemi di compatirlo, come fa il «Sole24Ore» del 4 settembre, in un commento dal titolo “Lo spreco continuo delle risorse migliori” (p. 16), nel quale l’editorialista - dopo aver annotato che Veronesi è stato dapprima blandito, poi trascinato in un’impresa titanica e alla fine lasciato senza uomini né mezzi - si domanda: «siamo sicuri che questo Paese abbia diritto di trattare così i suoi uomini migliori?». E allora, visto che ne stiamo parlando qualche domanda ce la facciamo anche noi.
Perché il prof. Veronesi si è lasciato coinvolgere in un’impresa più grande di lui (lui che, bravissimo oncologo, non è per niente un esperto di questioni nucleari)? Perché si è fidato di un governo di centrodestra (lui, senatore PD), che notoriamente promette e non mantiene? Non si è domandato come mai la destra aveva deciso di candidare proprio lui? Non è quanto meno da sprovveduti cedere a un generico e improvvisato spirito bipartisan nel bel mezzo di una guerra civile a colpi di dossieraggi e scandali giudiziari?
Ma nemmeno possiamo assolverlo come un maldestro buontempone. Umberto Veronesi è sùbito partito con il piede sbagliato: ancor prima della nomina, disse che avrebbe accettato l’incarico solo se compatibile con quello di medico e di senatore. Così, a tempo perso. A capo della somma autorità per la sicurezza nucleare (penso che di più pericoloso di un incidente nucleare attualmente sia ipotizzabile solo un’invasione aliena), una persona che dice di volerlo fare, sì, ma solo se avanza tempo. Poi arrivò a dire, fra le tante cose, che il normale funzionamento delle centrali nucleari non nuoce alla salute (cosa che aveva già detto - incredibile - degli inceneritori, prima di venir smentito in maniera eclatante dai più recenti studi franco-tedeschi).
Al di là di tutto ciò, credo che la cosa più grave di tutte sia questa: ha sempre detto, fin dal primo giorno, che l’avrebbe fatto da medico, cioè con la consapevolezza che la salute degli italiani sarebbe venuta prima di tutto. Oggi, che avrebbe avuto la possibilità di accelerare il decommissioning delle vecchie centrali fuori uso e di mettere le scorie in sicurezza... si dimette perché “non ha intenzione di occuparsi solo di scorie”. Più che la pena, mi assale lo schifo.

(«Il Caffè», 23 settembre 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano