sabato 22 ottobre 2011

Idiosincrasie: il grillo parlante

Una nuova idiosincrasia, anche se sono certo che non è solo mia: avete presente quelli che a bruciapelo, nel bel mezzo di una chiacchierata dimessa, si mettono a sparare sentenze o a dare consigli non richiesti? Dopo tanti anni di esperienza, sono ormai quasi sicuro che si tratti di un'organizzazione: perché cambiano continuamente faccia, ma ce n'é sempre uno in ogni dove.
Tipo: quello che a cena stai prendendo del formaggio e lui ti fa "eh eh eh, hai la pressione alta, dovresti andarci piano con i formaggi". Vorresti fargli notare che la sua è proprio un’osservazione geniale, ma eviti per non rovinare la serata e anche perché sai bene che lo prenderebbe come un complimento.
Del resto, è inutile battibeccare con uno di loro: sono invincibili. Non li sfiora nemmeno il pensiero che l'altro possa aver valutato pro e contro e deciso di agire in maniera diversa da loro. Fate questo esperimento. In macchina con un grillo parlante, passate con il rosso. Lui scatterà immancabile: "al rosso bisogna fermarsi". Rispondetegli che la patente ce l'avete e che il codice della strada lo conoscete. Lui replicherà: “e allora perché non ti sei fermato?"
Il mondo del grillo parlante è fatto di banalità, ovvietà, prevedibilità e buon senso che per qualche motivo crede di essere il solo a possedere. Si potrebbe dimostrarlo geometricamente. Il suo atteggiamento si spinge però sempre verso una severità eccessiva e slegata da ogni contesto. Prendi una storta? Meglio sarebbe che ti facessi una tac del corpo intero, con almeno gli enzimi e un Ecg. E ha una logica peculiare, tutta sua, impossibile da confutare: qualunque cosa tu possa dirgli lui lui ribatte: "d'accordo (mente, non è d'accordo proprio niente), ma non sarebbe comunque meglio controllare?". Chi può dargli torto? Tu ci provi, ma quello non molla: "e va be' ma un controllino in ospedale che ti costa?". Ne ho beccato uno addirittura al call-center di una compagnia dei telefoni, mi avevano chiamato per convincermi a cambiare operatore. Gli risposi che mi trovavo bene col mio e che - indipendentemente da qualunque loro proposta commerciale - non intendevo cambiare. Mi sentii dire che certo, come volevo, ma sbagliavo a non valutare l’offerta più conveniente, perché la cosa giusta da fare è cercare di risparmiare il più possibile. Di che rimanere di stucco.
Vai in vacanza all'estero e quello ti dice che in Italia abbiamo tante bellezze da scoprire. Vai al mare in Toscana e quello ti dice che il mare più bello sta al sud. L'acqua fredda ti fa male, l’acqua calda sì ma non troppo. La televisione? Fa male pure quella. Io non vedo la televisione, quasi spero di averla fatta franca: "ma certe cose dovresti vederle, come Report e Le Iene". Non si salva nessuno, forse neanche lui.
Sospetto che il suo vero movente non sia il delirio di onniscienza, ma un’ansia irrefrenabile a 360 gradi: lo incontri il giorno dopo la festa di laurea e ti chiede se hai cominciato a mandare curriculum; hai tre figli e ti fa: “e al quarto non ci pensi?” (poi ti vede basito e si piega verso i tuoi piccoli: “lo vorreste un fratellino? Ditelo a papà!”). Non cercare di spiegargli. Non provare a dirgli che vuoi fare le cose a modo tuo. Lui odia la complessità, la diversità, la possibilità, e amerebbe risolvere ogni problema con uno schiocco delle dita. Nessuno come lui soffre del non poterlo fare. Tutto è perfettibile; perciò, di nulla riesce a vedersene bene. Non volergliene: lui se la passa certo molto peggio di te.

(«Il Caffè», 21 ottobre 2011)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano