mercoledì 29 febbraio 2012

P. Ball, L’istinto musicale, ed. Dedalo, 2011

Siamo continuamente a caccia di ciò che è oggettivo e universale (democrazia, economia, religione), tanto che - quando non riusciamo a propinare teoreticamente le nostre convinzioni - le “esportiamo” con le armi.
Neanche la musica sfugge a questa attrazione. “La musica è universale?” si domanda Philip Ball nel suo L’istinto musicale (ed. Dedalo, 2011). Tuttavia, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare leggendo il sottotitolo, la musica sembra singolarmente refrattaria ad ogni tentativo di reductio ad unum. Infatti, a guardarle abbastanza da vicino, tutte le convinzioni che credevamo consolidate al riguardo vengono meno: culture diverse fanno musica in maniera diversa. Non è solo una questione di stile: cambiano le note, gli intervalli fra le note, perfino l’estensione dell’ottava non è uguale per tutti (si riteneva che l’ottava fosse qualcosa di “naturale” - alcuni continuano a farlo, anche se erroneamente: il libro spiega perché).
Dati di fatto che portano Ball a concludere che la musica non esiste affatto in maniera oggettiva fuori di noi (e noi non siamo delle macchine evolutivamente attrezzate per recepirla e fabbricarne di simile), ma è una costruzione della mente dell’uomo: la musica non è una sequenza di eventi acustici organizzati, ma una attività cerebrale basata sulla percezione, sul controllo, sulla ricostruzione e perfino sull’anticipazione (il nostro cervello calcola il probabile sviluppo della melodia ad ogni istante dell’ascolto).
La musica è dunque “naturale” soltanto nel senso che l’uomo è naturalmente in grado di interessarsene fin dalla nascita (perfino i neonati sembrano in grado di distinguere certe caratteristiche musicali). Ma non vi è alcuna musica che esista al di fuori o addirittura in assenza della mente umana: la musica - verrebbe da dire con le parole di Einstein sull’osservazione quantistica - è “una faccenda carica di teoria”.
Quello di Ball è uno studio che spazia dalla teoria alla storia e alla filosofia della musica, passando per la psicologia della Gestalt. Tecnico quando occorre, ma scritto con grande chiarezza (supportata fra l’altro dall’abbondanza di grafici, tabelle e riquadri esplicativi) e con uno stile che invita alla lettura e sa quando catturare l’attenzione con aneddoti ed esempi (come quello del Miserere di Mozart), L’istinto musicale è interessante per il suo contributo alla nostra conoscenza (sovente limitata dalla nostra prospettiva culturale) della musica come “concetto umano” (e non come “fenomeno naturale”).


P. Ball, L’istinto musicale. Come e perché abbiamo la musica dentro, ed. Dedalo, 2011, pp. 508, euro 22.

(«Pagina3», 29 febbraio 2012)

Paolo Calabrò

Filosofia e Noir

Madrelingua napoletano, vive a Caserta, dedicandosi alla famiglia, alla filosofia e, ovviamente, al noir. Gestisce il sito ufficiale di Maurice Bellet in italiano